15.5.07

Viticoltori Italiani e nuovi mercati

Uno dei miei lettori più attenti, Karl Fuchs, blogger anche lui con il suo papillevagabonde ha commentato il post di Claudio Montesion (Wine Community), postato qualche giorno fa e riguardante la propensione alla comunicazione ed al marketing di alcuni produttori. Un tema, che con le fiere sul turismo, sembra riscuotere molto interesse.
Ripropongo in versione integrale l'intervento di Karl (leggibile anche nel suo blog) in quanto credo che meriti una meditazione.

"Nel mercato del vino internazionale è un dato certo, più di una bottiglia su tre, dei tre paesi principali produttori di vino cioè Italia, Spagna e Francia, viene consumata fuori dal territorio nazionale di produzione.
Nel 2006 le esportazioni di vino hanno rappresentato il 34,5 % del consumo mondiale contro il 18% di dieci anni fa. Il volume d'esportazione rispetto all'anno passato è aumentato del 5,3% (83,1 milioni di ettolitri).
Nel 2006 i sei principali esportatori di vino del "nuovo mondo" (Argentina, Cile, Africa del Sud, Nuova Zelanda e Stati Uniti) in continua crescita, hanno raggiunto una quota di mercato che si attesta oramai al 27,4% (insieme Italia Spagna e Francia rappresentano il 55% della quota di mercato).
Buone nuove per i produttori italiani che rimangono leader con 17 milioni di ettolitri contro i 15 dell'anno precedente, in particolare grazie ai vini provenienti dalla regione Toscana, Veneto, Piemonte.
Tutto bene? No non va tutto bene, anche se è indubbio che è un periodo positivo, ma non è positivo per tutti i produttori, in quanto le esportazioni di vino, riguardano solo le grandi aziende, mentre i piccoli produttori hanno difficolta a commercializzare i prodotti, anche se non mancano le eccezioni.
La produzione mondiale nel 2006 è compresa tra 279,3 milioni di ettolitri e 287,3 il consumo sui 24o. Siamo in una situazione di sovrapproduzione di vino che da un parte vede contrapposti i produttori di vino dall'altro i consumatori, dato che si riduce sempre di più il consumo del vino pro capite in tutti i paesi produttori.
La concorrenza dei paesi del nuovo mondo (Argentina, Cile, Nuova Zelanda, Africa del Sud, Stati Uniti) inizia a farsi sentire sui mercati europei, grazie all'ottimo rapporto qualità/prezzo, mentre emergono sempre di più nuovi paesi produttori come il Marocco, la Cina e il Brasile. Sono inoltre in arrivo i paesi dell'Europa dell'Est, che hanno intenzione di posizionare i loro vini sui mercati dell'Europa Occidentale.
Così molti produttori vedono nella possibilità di esportazione, l'unica risorsa per riuscire a vendere il loro vino. Se ciò corrisponde a verità, dove?
Il cambio euro/dollaro così alto aiuta l'esportazione di vino?
L'Unione Europea vorrebbe fare ridurre le superfici vitate come possibile soluzione di sovrapproduzione e delle previsioni di riduzione di consumo di vino.
Io credo che nonostante il nostro paese sia leader nella produzione di vino, è necessario, per mantenere la nostra leadership, l'impegno di tutti attraverso non solo una copertura dei mercati esteri più incisiva, ma anche nell'elaborazione di nuovi vini con un ottimo rapporto qualità prezzo, anche al di fuori delle etichette DOC e IGT.
I nuovi mercati non sono una panacea, una soluzione dei nostri problemi, in quanto tradizione e cultura sono molto diversi. Invito alcune aziende a guardare nel loro territorio per recuperare quel mercato che hanno perso e che stanno perdendo.
Con questo non voglio dire che non devono cercare nuovi mercati, ma sceglierne solo alcuni più interessanti per non disperdere energie. Bisogna che imparino a costruire con i mercati un rapporto di continuità e di dialogo con i consumatori."

* dati liberamente tratti dall'ultima pubblicazione sul mercato generale del vino del 2006 a cura dell'Organisation International de la vigne et du vin.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Queste considerazioni dovrebbero farci riflettere sul rapporto sempre più importante tra il territorio, il locale e lo sviluppo economico , anche in contesti globali. Credo che la comunicazione e il marketing dovranno svilupparsi sempre di più tenendo conto del valore della località e della territorialità, proprio per aiutare le piccole e medie imprese a essere competitive.

Fabrizio Olati ha detto...

L.T.,
nel campo enograstronomico (soprattutto per quanto riguarda il vino) l'Italia stenta a stare dietro ai nuovi player e si trova poi costretta a rincorrere. È un po' quello che avvenne, al contrario, nell'immediato dopoguerra con il design. Allora eravamo un Paese emergente che si stava tirando fuori da una situazione di dipendenza dagli altri. La nostra corsa era talmente forte che diventammo, in quel campo, i numeri 1.
Oggi siamo noi che dobbiamo fare i conti con gli altri e ciò che conta è una buona organizzazione commerciale del settore e una buona comunicazione.
Potenzialmente (ed anche come qualità) siamo i primi; gli altri sono come dei giocatori che entrano alla metà del secondo tempo di una partita di calcio. Corrono di più perché sono più freschi ed il nostro compito è, comunque, di correre più di loro, nonostante la fatica.