3.1.07

Il 2006 è stato l'anno dell'Italia in Cina

L'anno appena conclusosi è stato dedicato all'Italia in Cina, ma il calendario degli eventi in programma è ancora nutrito (per brevità non ve ne do notizia nel post, ma vi invito a cliccare al link precedente). Nel corso della mia carriera, ho avuto la fortura di partecipare all'organizzazione della Mostra Mercato conclusiva dell'anno dell'Italia in Giappone, tra il 2001 ed il 2002, per cui provo una particolare simpatia per questo tipo di eventi, che hanno il compito sostanziale, oltre che di sostenere l'immagine complessiva dell'Italia presso culture a noi lontane, di stabilire e agevolare rapporti economici tra le econimie dei due Paesi protagonisti.
L'anno dell'Italia in Cina segue a poca distanza un'altra articolata iniziativa alla quale, seppur in maniera discontinua, ho avuto modo di confrontarmi professionalmente, ovvero Made in Italy in Cina, svoltasi dall'aprile 2004 al marzo 2005. Lo spirito di questa, come di altre manifestazioni, è di accedere alla Cina attraverso la presentazione delle più autentiche e genuine produzioni nostrane, ma anche di quell’ “arte del vivere” che ci viene universalmente riconosciuta grazie a settori come l’alta moda, il design, la gastronomia, il tutto improntato allo “spirito di Marco Polo”, senza ostentazioni, ma con amicizia, ricchezza di sinergie e collaborazione.
Oltre la Cina nella quale, mi è stato insegnato, si deve entrare in punta di piedi, ne esiste un'altra nella quale i repentini mutamenti sociali hanno portato la popolazione, soprattutto nella zona orientale che ha il suo fulcro in Shangai, ad acquisire un potere di spesa simile a quello in possesso delle popolazioni occidentali.
Mian Mian, una giovane scrittrice nata a Shanghai nel 1970, riesce a descrivere sapientemente il cambiamento che sta sconvolgendo la Cina nel libro Nove oggetti di desiderio. I giovani: "che cosa vogliono? L'Occidente che hanno negli occhi” stigmatizza la scrittrice.
In Cina vivono un miliardo e trecento milioni di persone e il 70% ha un'età compresa fra gli zero e i trent'anni. Questi giovani sono in gran parte figli unici, a causa della politica di contenimento delle nascite imposta dal regime. Viziati dai genitori e dai nonni, sono bombardati da programmi televisivi d'intrattenimento che invogliano ad appagare bisogni effimeri.
Almeno 100 milioni di abitanti si collocano nella fascia di clienti medio alta. E se la crescita continua con lo stesso ritmo (7% annuo), si stima che nel giro di uno o due decenni altri 300 milioni di abitanti potranno migliorare il loro reddito e raggiungere un discreto potere d'acquisto.
I beni made in Italy sono tra i più richiesti: l’abbigliamento e gli accessori per la persona che si possono comprare a Pechino e nelle città costiere, provengono dalle marche più prestigiose del pret-a-porter italiano. Per conquistare quote di mercato nel settore degli occhiali, le principali griffe italiane hanno realizzato una linea che si adatta al profilo del volto orientale, e in più offre le garanzie del prodotto europeo.
Nel corso del mio approccio con l'evento Made in Italy, ho appreso che la comunicazione che noi occidentali esportiamo in Cina deve essere intesa come cornice, contenere messaggi intelligibili ed ispirarsi ai principi della sinergia, della collaborazione e dell’amicizia tra i due Paesi; dal punto di vista dell'immagine e della creatività, è necessario tener conto della locale tradizione e del diverso significato dato alle cose, privilegiando simbologie che rimandano a ciò che non è deperibile, evitando riferimenti espliciti al tempo, alla politica, alla religione, al sesso e privilegiando simbologie considerate di buon auspicio (ad esempio il colore rosso).
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