3.7.07

Il futuro delle fiere b2b: una provocazione?

E se certe fiere b2b, oltre a scoprire i benefici di una comunicazione che nasce dalla convergenza tra media tradizionali e Interactive Marketing, Mobile Marketing, One to One Marketing, Marketing non convenzionale e Community Marketing, cedessero ad una certa dose di spettacolarizazzione?

A parte la revisione dei format, in fondo, quando si organizzano eventi aziendali, la parte ludica è immancabile ed è quella che spesso sancisce la riuscita dell'evento stesso.
Se tutto ciò che ruota intorno all'aggiornamento ed alla condivisione dei saperi fosse reso in modo meno tecnologico, ma umanamente più coinvolgente?

Translate this blog in english
Technorati Profile

2 commenti:

Anonimo ha detto...

provo a rispondere...anche se sarebbe un discorso lungo :)

imho cambiare la forma degli eventi fieristici non basta.

credo siamo arrivati ad un punto in cui deve cambiare la mission degli eventi che, per essere portatori di reale valore, devono essere sempre di più contenitori e divulgatori di innovazione e non limitarsi ad affittare spazio espositivo e fornire servizi.

Le aziende espositrici si devono sentire sfidate, stimolate e supportate dal sistema fiere nel "riempire questo contenitore" e presentare prodotti ad alto contenuto innovativo.

Solo così gli enti possono fare in modo che l'evento fieristico abbia un reale peso nelle strategie aziendali.

Poi si può pensare a come cambiare le modalità di "essere fiera", se spingere di più sulla spettacolarizzazione e sul coinvolgimento come dici o se dare maggiore spazio a forme come i workshop, come suggeriva Pier Luca nella community di neurona.

Fabrizio Olati ha detto...

Bravo Matteo, ottima considerazione.
Quando parlo di forma (o format), intendo proprio questo.
Dalle varie ricerche che sono disponibili in giro (che vanno comunque prese con le pinze in quanto, a volte di parte) emerge proprio questo.

Sia l'espositore che il visitatore vogliono eventi fieristici che siano luoghi dove fare il punto sullo stato dell'arte di un certo settore (penso al comparto edilizia/architettura/ristrutturazioni, che frequento dai tempo dell'Università).

Sono convinto anch'io che contino molto di più i contenuti del programma convegnistico che non la quantità degli espositori (anche se in Italia gli organizzatori hanno come obiettivo primario, quello di fare cassa).

Vedi il successo del Salone Internazionale del Mobile di Milano. Io ci vado (oltre che per seguire un paio di clienti brianzoli) per la "movida" che si crea in quei giorni nelle strade di Milano: quello è il vero Salone del Mobile, quello che ti fa capire dove andrà il design del mobile per i prossimi 365 giorni (la linea di demarcazione tra mobile di design e moda è ormai molto sottile, almeno nelle strategie di alcuni marchi).

Le modalità che devono sottendere alla riscrittura delle mission delle fiere va poi visto caso per caso.

Spesso il successo di una fiera - compreso lo stimolo che questa è in grado di iniettare nell'espositore - è dettato dalla giusta tempistica (evento annuale oppure ogni due anni) piuttosto che dal non essere una commistione indigesta (sempre per l'espositore) tra business e consumer.

In questi giorni sto parlando con alcuni produttori di vino reduci dal Vinexpo e ne farò (tempo permettendo) uno o due post che, credo, saranno illuminanti a riguardo.

Ciao.